L'Albero Madre by Suzanne Simard

L'Albero Madre by Suzanne Simard

autore:Suzanne Simard [Simard, Suzanne]
La lingua: ita
Format: epub
editore: Mondadori
pubblicato: 2022-10-04T12:00:00+00:00


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Dipingere le rocce

Novembre. La neve ricopriva le Montagne Rocciose.

Ero andata a sciare da sola in una zona isolata del Mount Assiniboine, facendo tappa nella cordigliera incontaminata di Healy Pass. Gli abeti delle rocce erano reclinati e formavano blocchi di neve e ghiaccio, e i pini dalla corteccia bianca erano divaricati come mazzetti d’ossa, uccisi dai coleotteri della corteccia e dalla ruggine dovuti all’impatto del cambiamento climatico. Ero incinta di tre mesi. Nell’anno vissuto a distanza mentre Don scriveva la sua tesi di dottorato, nelle lunghe notti dopo la morte di Kelly, forse per via della nostra solitudine, avevamo tacitamente preso atto che io avevo trentasei anni e lui trentanove, ed era giunto il momento di pensare ai figli. Andare a sciare sul Mount Assiniboine era il mio modo di festeggiare questo dono.

I coleotteri infuriavano nel canalone. L’epidemia era cominciata allo Spatsizi Plateau Wilderness Provincial Park, a nordovest, quattro anni prima, nel 1992, quando le temperature invernali erano aumentate di qualche grado e nei mesi più freddi non erano più scese sotto i meno trenta, consentendo alle larve di prosperare nello spesso floema dei pini ormai attempati. In quel paesaggio i Pinus contorta si erano coevoluti con i coleotteri, perdendo dopo circa un secolo la capacità di creare spazio per la generazione successiva. Via via che gli alberi si indebolivano ci fu, com’era lecito aspettarsi, un accumulo di combustibile e furono appiccati incendi dai fulmini o da esseri umani. Le fiamme liberarono i semi di pino dalle pigne resinose e incoraggiarono i pioppi tremuli a germogliare da sistemi radicali millenari, riducendo con le loro foglie umide l’infiammabilità della giovane foresta. Insinuandosi nel paesaggio, il fuoco si esauriva in quelle radure ricoperte di pioppi, lasciando un mosaico di foreste di età diverse di per sé resistente a futuri incendi. Ma alla fine dell’Ottocento i colonizzatori europei distrussero quell’equilibrio bruciando quell’insieme di foreste in cerca dell’oro, e crearono un vasto manto di nuovi popolamenti di pini la cui uniformità fu in seguito accresciuta dall’estinzione degli incendi e dall’irrorazione di diserbanti per far sì che i pioppi non interferissero con i profitti. Con il proliferare dei pini e il riscaldamento del clima, la popolazione dei coleotteri esplose e il paesaggio divenne rosso come sangue che scorre nell’acqua.

L’aria fresca mi entrò nei polmoni mentre scivolavo tra i pini dalla corteccia bianca morti, incantata per aver seguito sentieri e disegnato nuove piste attorno a frane e cavità alla base degli alberi. Don si era preso il pomeriggio per costruire una culla. L’appagamento ci aveva avvolti entrambi. Ma al centro della sella, mi fermai per controllare qualche orma nella neve fresca e sentii una ben nota fitta di paura. Le impronte delle zampe erano grandi come piattini, i segni degli artigli profondi più di due centimetri.

Lupi. Uno sciatore solitario era una facile preda.

Mi allontanai sciando attraverso il valico. Presto, però, mi smarrii. Quando girai in tondo per tornare indietro, trasalii nel ritrovarmi davanti le mie tracce, già gelate nel pulviscolo di neve.

Coperte di impronte fresche.

Tre lupi, probabilmente. Mi stavano dando la caccia?

Istintivamente continuai a scendere dal valico con gli sci.



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